giovedì 31 agosto 2023

Frizz e Pazz dal dentista.

Dunque, c'erano una volta un bambino e un cane.
Il bambino si chiamava Frizz e il cane Pazz.
Erano amici per la pelle, si volevano tanto bene, Frizz avrebbe dato una mano e un occhio per Pazz, Pazz avrebbe dato la sua coda e il suo ultimo osso per Frizz.
Facevano tutto insieme, mangiavano insieme, sporcavano insieme, scappavano insieme, andavano a scuola insieme, facevano la cacca insieme, perché quando Pazz faceva i suoi bisognini per strada Frizz sentiva di non riuscire a trattenersi e anche lui doveva fare urgentemente la cacca.
Poi zitti zitti si allontanavano insieme e ovviamente non raccoglievano nulla di quello che lasciavano sul marciapiede perché Frizz era troppo schizzinoso.

Così passavano tanto di quel tempo insieme che la mamma di Frizz aveva iniziato a confonderli, a volte dava da mangiare a Frizz nella ciotola e gli metteva il collare antipulci. A volte invece metteva la gelatina nei peli a Pazz oppure cercava di tagliargli le unghie.

Un bel giorno però successe che Frizz doveva andare dal dentista. Frizz pianse, poi urlò, poi sbraitò, poi sbuffò, poi si lamentò, poi uggiolò (questo lo aveva imparato da Pazz); ma non ci fu nulla da fare: la mamma lo avrebbe portato dal dentista.
Così la mamma trascinò Frizz nello studio dentistico.
Frizz piangeva e soffriva, supplicava la mamma di portarlo via, ma non c'era nulla da fare.
Il dottore lo fece salire sulla poltrona e disse: -Adesso apri bene bene la bocca- e si girò per preparare la siringa di anestetico.
In quello stesso momento Frizz saltò giù dalla poltrona e spingendolo dal sedere spelacchiato ci fece salire sopra Pazz. Pazz avrebbe fatto qualsiasi cosa per Frizz, così salì sulla poltrona e, ubbidiente, aprì la bocca.

Il dottore aveva intanto preparato la siringa, si girò verso la poltrona e si vide davanti il muso peloso di Pazz, ma siccome era gentile pensò solamente: - Che denti orribili che ha questo bambino, sembrano i cingoli di un carroarmato, i denti di un coccodrillo finito nel frullatore!-

Poi, parlando con Pazz disse :- Mio caro bambino, sei proprio carino (in verità pensava: sei brutto come uno scorfano ubriaco) però i tuoi denti sono pochino storti (in verità pensava: i tuoi denti sono storti come le zampe di un millepiedi zoppo), adesso io li metto a posto (in verità pensava: ci vorrebbe un miracolo).
Prese dal suo armadietto un po' di plastilina viola, la cacciò a forza in bocca a Pazz e prese l'impronta dei denti. Poi la guardò e rimase meravigliata, non aveva mai visto denti peggiori di quelli, sembravano i denti di uno squalo che avesse cercato di masticare un tablet!

Preparò subito subito un bell'apparecchietto, pieno di fili e placchette e gingilli ed elastici, uno di quegli apparecchi che si allacciano fuori dalla bocca e lo sistemò per benino sulla bocca di Pazz.
Guardò il risultato e disse:
 - Non è stato facile, ma ci sono riuscita, ci vorranno appena dodici anni, sette mesi e due giorni e potrai levare l'apparecchio.-
Poi chiamò la mamma di Frizz e disse:
 - Signora, suo figlio aveva i denti peggiori che abbia mai visto, neanche quando facevo la veterinaria ho mai visto denti così brutti, ma con un pochino di pazienza torneranno a posto. Fanno ventisettemila euro ora e quattromila al mese sino al 2026.-
La mamma di Frizz ebbe un tuffo al cuore a sentire quella cifra, perché lei si voleva comprare un'auto che si parcheggia da sola e un marito nuovo con gli sconti, ma pagò e andò via.

Quando arrivarono a casa la mamma chiamò Frizz per la cena, ma arrivò Pazz.
La mamma ormai li confondeva, anche perché aveva un paio di occhiali molto belli, alla moda, con le lenti scure e 42 brillantini sulle lenti in modo che sbrilluccicassero, ma non è che ci vedesse molto bene così.
Quando arrivò Pazz lei non si accorse della differenza, lo fece sedere a tavola a gli mise il piatto davanti.
Pensò forse, solo un pochino, che aveva un figlio un po' peloso, ma poteva fargli fare la depilazione laser.
Pazz era contentissimo, mangiò tutto e poi sorrise con tutti i ciuffi di verdura che erano rimasti incastrati nell'apparecchio e penzolavano fuori.
Tutto andò bene per sette mesi, la mamma non si accorse di aver messo l'apparecchio al cane, il dottore pensò che più di così non fosse possibile migliorare quel bambino, ma…ma…

Un bel giorno arrivò la nonna, che si era comprata un binocolo per controllare meglio Frizz e Pazz anche a distanza.
Entrò in casa e regolò subito il binocolo, ma non funzionava un accidente, tutto era troppo lontano.
Allora lo girò al contrario e guardò dentro: una bella bocca di cane con l'apparecchio, la lingua penzoloni e un naso umido in 3D.
La nonna iniziò ad urlare, urlare, urlare, urlare, urlare, urlò per 42 minuti e 49 secondi, poi smise perché era iniziato Beautiful.
Chiamò subito Frizz, lo prese per un orecchio, poi allungò la mano e acchiappò Pazz per la coda e così, con i due amici che si sbatacchiavano l'un l'altro andò dal dottore e fece scambiare l'apparecchio.
Ora Frizz ha in bocca questo aggeggio, che a paragone il meccano è leggero come una libellula, e non può staccarlo.
Ma una cosa l'ha fatta: per vendicarsi della nonna ha preso la sua dentiera e le ha incollato i denti con l'attack. Sono ormai cinque mesi che la nonna è sempre zitta!!.

mercoledì 30 agosto 2023

Frizz Pazz e la torta ai peli di cane.

Dunque, Frizz era il bambino, Pazz il cane.
Ormai li conosciamo bene, Frizz voleva molto bene al suo cane e dal momento che Pazz andava matto per le caramelle frizzanti Frizz ne comprava due tutti i giorni. Una per lui e una per il cane.
Però la mamma, la nonna, il nonno, i cugini, le maestre, la bidella, il panettiere, il macellaio, la commessa del market, il postino non volevano per niente bene al cane Pazz, e lo scacciavano sempre.
Frizz era molto arrabbiato per questo, tutti odiavano il suo cane, che in fondo era solo un pochino sporco e appena appena puzzolente.
Un bel giorno venne organizzata una festa di paese.
Era una festa alla quale tutti partecipavano, sulla piazza grande di fronte alla chiesa e al municipio, con tanti palloncini colorati, tanta musica, e tante cose buone da mangiare.
Ciascun abitante del paese doveva portare un dolce, una torta, una ciambella, una crostata, dei biscotti, insomma qualcosa di buono.
Frizz era contentissimo di poter andare alla festa ma...eh, c'era un problema.
Frizz incontrava il macellaio? Quello gli diceva con un vocione: -Mi raccomando tieni alla larga il tuo cagnaccio-.
Frizz incontrava il fornaio? Quello gli diceva tossendo per la farina:- Cough cough, tieni lontano il tuo puzzone-.
Frizz incontrava la bidella? Quella gli diceva strillando come sempre:- Stai molto attento, non far avvicinare quel mostro che ti porti sempre appresso-.
Frizz incontrava la nonna? Quella lo tirava per un orecchio e con la voce gracchiante come quella della cornacchia gli diceva:- Fossi in te terrei quel caprone lontano dalla festa, altrimenti verrò tutti i giorni a casa tua-.
Bè, questo spaventava molto Frizz, perchè sua nonna era proprio seccante e poi aveva i denti finti e li metteva a mollo nel bicchiere e poi la mamma sciacquava il bicchiere e magari il giorno dopo Frizz ci beveva: CHE SCHIFO.
Infatti Frizz non usava più i bicchieri della sua casa e preferiva bere dal rubinetto.
In ogni bicchiere gli sembrava di veder galleggiare i denti della nonna.
Comunque Frizz decise che sarebbe andato alla festa col suo amico: Pazz.
Voleva anche preparare qualcosa di divertente, così pensò di cucinare una torta.
Frizz però era molto piccolo, allora chiese alla mamma di preparare una bella torta e di poterla poi decorare da solo.
La mamma cucinò una torta bellissima, venne così bene che quasi quasi Frizz pensò di mangiarsela subito e non andare alla festa, ma proprio in quel momento il postino che passava di lì disse: -Ricordati di non portare quella pattumiera alla festa.-
Frizz si arrabbiò e decise di vendicarsi.
Cosa fece allora? Prese una spazzola e iniziò a spazzolare il suo cane. Pazz era in verità sporco e arruffato, così rimasero sulla spazzola tanti peli che ci si poteva imbottire un cuscino.
Poi Frizz prese il frullatore, ci mise dentro un bel po' di peli e anche qualche pulce, latte, uova, scorza di limone e zucchero.
Preparò così una bellissima crema pasticcera ai peli di cane, la spalmò sulla torta e la portò alla festa.
La torta era così bella che tutti ne vollero un pezzo: il macellaio, il fornaio, la bidella, la nonna, il postino.
Ma appena l'ebbero mangiata sentirono subito dei terribili gorgoglii arrivare dalle pance, poi dei dolorini, poi dei dolori sempre più forti, poi dei mal di pancia così insopportabili che tutti dovettero scappare a casa per far la cacca.
La piazza rimase deserta, Frizz con un fischio chiamò Pazz e si sbafarono tutti i dolci portati dagli altri, tranne naturalmente la torta ai peli di cane.

Frizz e Pazz e il gatto Circuito.

Bentornati.


Dunque, Frizz chi era? Il cane? Giusto, era il bambino. E Pazz il suo cane. Il cane Pazz era brutto, ma brutto, ma così brutto  (ai bambini piacciono molto le iperboli) che sembrava appena uscito dal frullatore. Aveva le zampe storte, la coda spelacchiata e il pelo tutto spettinato. Poi siccome mangiava qualche caramella di troppo aveva l'alito puzzolente per qualche dente marcio. Però era il cane preferito di Frizz e inoltre era anche il suo unico amico.
Frizz e Pazz, che erano una cosa sola, odiavano i gatti. Tutti i gatti, anche i gattini. Anche i gatti di peluche, figurati!
Un bel giorno arrivò il nuovo vicino di casa di Frizz. Era un signore alto alto, grosso grosso, grasso grasso, a dire la verità un po' sporco. Sapete perchè era sporco? Non lo indovinerete mai. Era sporco perché aveva i baffoni e quando mangiava non se li lavava mai. Quindi tra i suoi baffoni puzzoni c'erano tracce di sugo rosso, di cetriolini verdi e anche qualche fagiolo incrostato. Puzzava così tanto che al confronto Pazz sembrava profumato.
Bè, questo vicino aveva guarda caso un gatto. Si chiamava Circuito.
Circuito era un gatto grigio, con il pelo lungo, e anche abbastanza pulito. Infatti Circuito si lisciava sempre il pelo per lucidarlo, poi si bagnava la zampetta con la sua saliva e si strofinava il muso e le orecchie. Inoltre era educato, e quando doveva fare le sue cacchette, e le faceva sempre dopo mangiato, scavava con la zampetta una piccola buca nel terreno, ci depositava dentro i suoi bisognini e poi tappava la buca di terra usando la zampetta. C'era un problema però. Infatti dove scavava secondo te il gatto queste piccole buche puzzone?
Circuito le scavava nel giardino di Frizz, proprio vicino alla cuccia di Pazz. Frizz e Pazz allora idearono un piano d'attacco. Un bel giorno Frizz andò al mercato, comprò due etti di sardine e un barattolo di maionese.
Il suo piano stava per essere attuato. Pazz si mise nella cuccia e fece finta di dormire profondamente. Frizz mise le sardine nella ciotola di Pazz e si sedette vicino a lui. Aspettarono con pazienza che Circuito si avvicinasse per mangiare le sardine. Ad un certo punto Circuito si avvicinò quatto quatto, silenzioso proprio come un gatto, allungò il suo musetto così pulito e addentò delicatamente una sardina con i suoi denti bianchi e aguzzi.
Frizz e Pazz erano immobili, sapevano aspettare.
Circuito ingoiò piano la sardina, poi si avvicinò ancora un pochino, aprì la sua boccuccia dai denti candidi e strinse tra le fauci un'altra sardina. Sempre in silenzio se la ingoiò. Così ad una ad una il gatto ingoiò una, due, tre, quattro sardine.
Circuito era molto felice, ormai era sicuro di divorarle tranquillamente tutte, erano 24 sardine. Cinque, sei, sette, otto. Era proprio contento. Così continuò, nove, dieci, undici, dodici. Ormai non faceva più attenzione a mangiare silenziosamente e iniziò a masticare rumorosamente. GNAM, Tredici, AUM quattordici, slurp, quindici...
Ma a questo punto con un balzo fulmineo Pazz addentò la coda pelosa e soffice del gatto per trattenerlo, e Frizz...
Cosa fece Frizz? Lo picchiò? nooooo
Gli tagliò il pelo?  nooooooo
Ricordi che aveva comprato sardine e maionese?
Insomma Frizz cosparse la schiena di Circuito di maionese e Pazz lo lasciò andare. Così adesso Circuito sembrava una puzzola, perchè le puzzole sono nere con le strisce bianche, lui era grigio con la striscia gialla, più o meno ci siamo.
Circuito scappò via, ma la maionese che aveva addosso era un profumo irresistibile per tutti i cani e i gatti del quartiere che iniziarono ad inseguirlo perchè volevano leccare la maionese. Circuito corse e corse e corse sinchè si buttò nella fontana del paese, e suo malgrado dovette farsi un bagno nell'acqua.
Da quel giorno non andò più a fare la cacca nel giardino di Frizz e Pazz.

venerdì 25 agosto 2023

Fizz e Pazz. E la nonna.


Frizz è un bambino e Pazz è il suo cane.
Questo cane Pazz era un cane brutto, ma brutto, ma così brutto che nessuno lo voleva vicino e se lo vedevano scappavano.
Se una vecchietta lo vedeva iniziava a correre zoppicando per allontanarsi, le mamme gli urlavano contro, i bambini a volte gli lanciavano pietre (voce triste).
Pazz era però un cane un po' dispettoso e ne combinava di tutti i colori, era buono solo con Frizz.
Pazz aveva un debole per due cose: l'aranciata frizzante e le caramelle frizzanti. C'era solo un piccolo problema, l'aranciata frizzante e le caramelle frizzanti gli facevano venire un gran mal di pancia, e lui poveretto doveva fare tanta ma tanta ma proprio tanta cacca. E per un cane è sempre un problema.
Insomma Pazz non sapeva mai dove farla, e le vecchie le mamme e le nonne urlavano ancora di più perchè Pazz la faceva sul marciapiede, sugli ingressi delle case, ai giardini, davanti alle scuole e davanti agli asili.

Un bel giorno Frizz andò nel negozio per comprare il pane alla mamma, rimasero dei soldi e Frizz decise di comprare due caramelle frizzanti.
Frizz se le voleva mangiare tutte e due lui, poi guardò negli occhi il suo cane Pazz e provò tanta pena, perchè Pazz gli faceva gli occhi dolci.
Allora diede una caramella frizzante a Pazz. Pazz però iniziò ad aver un po' di mal di pancia, e non trovava un posto adatto per fare la cacca.

Poi Frizz tornò dalla mamma per portare il pane. Quel giorno la vecchia nonna doveva pranzare con loro.
Appena vide Frizz lo accalappiò e gli diede un bacio grande.
 (voce piena di tensione e ritmo veloce da ora) Mentre la nonna lo stringeva Frizz cercava di scappare perchè la nonna aveva la dentiera (cioè i denti di plastica che si mettono in bocca quelli che da bambini non se li lavano) e i suoi baci erano tutti bavosi. rFizz si spostava ma la nonna lo tirava e tirando tirando aprì la bocca e le cadde a terra la dentiera.

Pazz appena vide quella cosa per terra dimenticò il suo mal di pancia,  pensò che doveva essere molto buona e corse subito a prendere la dentiera, poi cercò di scappare ma la nonna lo prese per la coda, poverino, e Pazz abbaiò per il dolore lasciando cadere la dentiera.
Dopo tutto questo gran macello la nonna era molto arrabbiata con Frizz e voleva che Frizz lavasse i denti di plastica, visto che il cane era suo.
Frizz prese i denti di plastica e invece di lavarli li gettò dalla finestra.
La nonna e la mamma al vedere la dentiera spiaccicata sul marciapiede urlavano, urlavano... e poi lo misero in punizione.
Niente ipad per tutto il pomeriggio, e poi doveva fare 200 divisioni, imparare quattro poesie lunghissime e scrivere 1000 volte sul quaderno: Sono stato maleducato con la nonna.
Frizz era davvero triste, insomma tutto questo era successo perchè la nonna da bambina non si lavava i denti.

Allora ideò una vendetta. Una tremenda vendetta.
Vedeva Pazz vicino a lui, che cambiava sempre posizione perchè aveva mal di pancia, visto che aveva mangiato la caramella frizzante.
Sembrava proprio che Pazz dovesse fare una cacca grande, ma grande, ma così grande che avrebbe dovuto scavare due giorni per sotterrarla. Allora Frizz di nascosto prese la borsetta della nonna, la mise per terra e poi fece sedere Pazz sulla borsetta.
Non vi dico cosa è successo !!
La nonna poi di sera doveva andare via, così ... (suspence) prende la borsetta, la apre per mettere le sue cose e
Aaaaaaaaaaaahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh
Iniziò a urlare urlare urlare urlare.......
Poi disse a Fizz che non l'avrebbe passata liscia, infatti fu così, ma questa è un'altra storia.


*I bimbi devono avere almeno 4 o 5 anni.
 **Questa non è una storia politically correct .


giovedì 24 agosto 2023

Frizz e Pazz. La parrucca.

Una storia molto scorretta per i vostri bimbi.
Dunque, spero che ricordi chi era Frizz...Bravo, il bambino.
E come si chiamava il cane? Pazz!! Bravissimo.

Dunque Frizz e Pazz erano molto amici, e passavano tutto il loro tempo insieme.
Però Frizz doveva andare all'asilo ( a scuola) e Pazz non poteva entrare. Bè, non è che i cani possano andare all'asilo, poverini, devono aspettare a casa oppure potrebbero essere portati al canile se stanno fuori, ma il canile è un posto triste, e i cani lì non hanno un padrone.
Così Frizz andava da solo, perchè aveva paura che l'accalappiacani si portasse via Pazz mentre lui era a scuola. Frizz si annoiava senza Pazz, e Pazz si annoiava senza... Frizz.
Ma un bel giorno Frizz, mentre seguiva la spiegazione della sua maestra, ebbe un'idea! Poteva travestire Pazz da bambino e portarlo a scuola e farlo sedere nei banchi.

Così Frizz andò in un negozio, comprò una parrucca e la mattina dopo preparò Pazz.
Gli mise in testa una parrucca dai capelli gialli e lunghi, gli mise sul muso gli occhiali del papà, una camicia della mamma e una gonna della sorella.
La coda spuntava fuori dalla gonna ma Frizz la legò con un fiocco.
Restava il problema delle scarpe, perchè non ci sono scarpe per cani, così Frizz pensò di mettergli delle calze sulle zampe. Usò le calze coi gommini, erano verdi e blu, molto belle.
Frizz e Pazz andarono a scuola. Entrarono zitti zitti e si sedettero vicini nell'aula. Frizz stava buono buono, Pazz era seduto e da lontano sembrava quasi una bambina, con i capelli lunghi, gli occhiali i guanti (che erano le calze) e poi non si vedeva altro.
Entrò la maestra, che era brutta, ma brutta, ma così brutta che non l'avrebbe mangiata neanche uno squalo morto di fame.
Poi non era neanche tanto simpatica, anzi, era proprio molto antipatica.
Si mise subito seduta con la bacchetta vicino.
Tu mi dirai, bacchetta magica? Insomma..., la bacchetta era cattiva come lei e la maestra bacchettava i bambini sulle mani se appena appena parlavano.

Urlava "HO MAL DI TESTA, ZITTI ZITTI TUTTI ZITTI!!  BACCHETTA BACCHETTA!"
E poi bacchettava i bambini. Ma quel giorno Frizz stava zitto zitto.
 Eh...ma la maestra era cattivissima ma non era stupida.
Così disse "Frizz!! Cos'è questo silenzio!".
Frizz rimase buono e disse "Ma maestra, sto studiando".
Allora la maestra si alzò per controllare Frizz, passò vicino, e disse:
"MMMhhhhh c'è uno strano odore. Frizz! Ti sei lavato stamattina?"
"Sì signora maestra"
"Mmmmmhhh, c'è odore di cane bagnato".
Poi la maestra si girò verso Pazz e gli carezzò la lunga parrucca bionda e disse:
"Ma che bella bambina! Però ti devi levare i guanti se vuoi scrivere".
La maestra si abbassò verso Pazz per levargli i guanti (che erano...calze),
Pazz alzò il suo muso e..... "Slap slap".
Leccò con la sua lunga lingua la mano e poi la faccia della maestra.
AAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHH
La maestra si mise ad urlare e strappò via la parrucca di Pazz. Quando capì che era un cane urlò ancora di più e si mise a correre attorno ai banchi urlando e sbraitando.
Arrivarono tutte le maestre e i bambini dalle altre classi e si misero a ridere a vedere quel buffo cane vestito da bambina, però la maestra che non era molto divertita prese la bacchetta e picchiò Frizz e Pazz.
Così Frizz e Pazz tornarono a casa e dopo aver mangiato due caramelle frizzanti per consolarsi pensarono ad un modo per vendicarsi della maestra.
Infatti trovarono un modo, ma questa storia la racconteremo domani.

venerdì 9 giugno 2023

Il leopardo e l'elefante.9

All'ombra dei grandi alberi tutto andava avanti come sempre.
Anzi, a dire la verità, non c'era nulla che andasse avanti.
Sembrava che tutto fosse immobile, niente si muoveva, il cielo non cambiava mai colore, l'afa rendeva l'aria irrespirabile, non c'era spazio per pensare a null'altro che non fosse il caldo, caldo, caldo, tutto era caldo, l'unica presenza viva in quella savana spopolata e silenziosa era il caldo.
In quel caldo feroce i piccoli leopardi non avevano voglia di muoversi né di giocare, stavano sempre spaparanzati all'ombra a sonnecchiare, solo la noia faceva compagnia alle loro giornate.
Oltretutto Lelè non voleva sprecare saliva a raccontare storie.

In una di quelle ore tutte uguali di quei giorni tutti uguali di quel caldo tutto uguale si sentì un rombo.
I leopardi si raddrizzarono e annusarono l'aria, Lelè sollevò le orecchie, stettero tutti fermi ad ascoltare quello strano suono.
Era lo stesso rombo  dell'animale dalla cacca leggera che alcuni giorni prima Arci aveva visto al fiume.
Lelè disse: - Da qualche parte ci sono gli uomini.

I leopardi guardarono Lelè. Di solito il grasso elefante era sempre tranquillo, parlava ciondolando il testone e facendo ghirigori con la proboscide, ma oggi aveva parlato con gli occhi fissi in lontananza, la proboscide immobile e le orecchie aperte come due grandi ventagli.

Arci, al vedere l'inconsueto atteggiamento del suo grande amico, si preoccupò e nella speranza di ottenere un "NO" come risposta chiese:
- Lelè perché parli con questa voce? Hai paura?
Lelè si riprese e osservò Arci come se fosse un leopardo comparso all'improvviso dal cilindro di un mago.
- No Arci. Non ho paura.
- E allora perché hai questa voce? - adesso Arci era scocciato per la paura che l'elefante gli aveva fatto prendere.
- Perché è bene che io abbia paura.
- Ma hai paura o non hai paura? - Arci aveva perso la baldanza e non capiva più se era il caso o no di preoccuparsi.
- Non ho paura ma mi comporterò come se avessi paura.- disse con tono sibillino Lelè.
Arci sbuffò: - Non so se sei rompiballe o vigliacco.

Lelè neanche lo sentì. Si alzò sulle sue poderose zampe e barrì.
Generalmente Lelè non si impegnava più di tanto a produrre il suo tipico suono, troppo faticoso, aspirare tutta quell'aria, tra l'altro calda, e buttarla fuori con forza.
Ma questa volta barrì. Un lungo suono cupo e minaccioso.
Ai leopardi si accapponò la pelliccia.

- Io mi allontanerò. Per due giorni. Voi starete all'ombra dei grandi alberi e non muoverete un passo al di là della sua ombra. Non lo ripeto - disse serio Lelè.
- Mah però se io voglio dopo…- iniziò Arci.
- NON LO RIPETO - con questo Lelè chiuse la discussione.

Lelè si girò e lentamente si allontanò dal grande albero.
Il sole gli batteva sulla groppa, il fango secco che gli ricopriva la pelle si aprì in crepe profonde e iniziò a cadere a terra in frammenti di puzzle, segnando il suo cammino.

I leopardi tennero lo sguardo fisso sulla sua sagoma mentre diventava sempre più piccolo, sempre più lontano. Non sapevano perché stesse andando via, qualcuno si mise a piangere, l'elefante oscillava nei loro occhi confusi dalle lacrime.
Alla fine sembrava un miraggio sorto dal nulla nella savana crepitante di caldo.

Arci si sedette sbadatamente fuori dall'ombra, si bruciò il sedere e saltò su: - Sasso!
Era l'unica semi-parolaccia che gli era consentita.

Poi si mise a riflettere


giovedì 8 giugno 2023

Il leopardo e l'elefante. 8.

Arci e Lelè tornarono ai grandi alberi.
Non era cambiato nulla, il caldo appiattiva tutti i piccoli leopardi al suolo, le pietre sembravano ondeggiare al sole e l'ombra del grande albero come al solito non bastava mai.
Arci e Scossa dimenticavano d'essere amici e litigavano per un po' di frescura:
- Arci spostati più in là, ho la coda al sole.
- No, spostati tu, Scossa, questo è il mio posto.
- Da quando sarebbe il tuo posto?
- E' sempre stato il mio posto.
- Arci sei proprio prepotente. Qui tutto è di tutti.-
- Brava Scossa, hai ragione. Tutto è di tutti, precisamente questo pezzo di tutto è mio perché io sono uno dei tutti.

Scossa non ne poteva più, la sua coda si stava ingiallendo al sole, stava diventando come paglia bruciata.
Allungò le zampe posteriori e cercò di spostare Arci, ma quello puntò gli artigli nel terreno e continuò a occupare tutta l'ombra. Scossa ruggì un pochino, per avvisarlo, più la sua coda si scaldava più lei si arrabbiava.
Arci non la sentì neppure, e se anche la sentì fece finta di niente. Si girò di lato stiracchiandosi e così facendo catapultò Scossa in pieno sole.

Scossa si allontanò subito dalla sabbia incandescente e artigliò la coda di Arci inchiodandola a terra.
Arci si girò infuriato e stava per azzannare la zampa di Scossa quando vide con la coda dell'occhio il testone di Lelè intento ad osservare la scena.
Richiuse subito la bocca come se niente fosse. Ritirò le zampe e si accucciò in modo da lasciare un po' d'ombra anche a Scossa.
Sperava che Lelè non avesse capito nulla di ciò che era successo. In fondo l'elefante ha quel testone non perché sia intelligente ma solo perché ha bisogno di un supporto abbastanza grande per reggere quelle grandi orecchie. Quanto al cervello che c'è dentro, Arci era sicuro che fosse grande come una cacca d'uccello.

Grande o piccolo che fosse il suo cervello, Lelè aveva visto tutto.
Passarono sette minuti e 14 secondi, Arci era beatamente appisolato quando all'improvviso si sentì scuotere e rotolò al sole.
Lelè si stava accomodando col suo pachidermico sederone proprio vicino a lui.
Arci si rimise in piedi, saltellava da una zampa all'altra perché il terreno aveva una temperatura di 70 gradi centigradi, i cuscinetti delle zampe era gonfi e rossi, non resisteva più.
- Stupido elefante! Occupi tutto lo spazio! Enorme ammasso di grasso! Spostati!
Lelè si mise comodamente sdraiato all'ombra e disse:
- Anche a me spetta uno spazio di tutti ma, siccome sono il più grande di tutti, il mio spazio deve essere  più grande di quello che spetta a tutti.
Arci era molto confuso, non aveva capito bene. Se tutto è di tutti, come possono alcuni avere diritto ad un tutto più grande di tutti?

Quello stupido elefante lo stava facendo ingiallire al sole. Guardò Scossa, che dormiva ripiegata con tutti gli altri leopardi, occupando meno spazio possibile. Avrebbe potuto infilarsi lì in mezzo, ma non era sicuro che Scossa avrebbe gradito.

Lelè iniziò a sonnecchiare, proprio non gli importava nulla degli altri.
Cavolo, lo spazio di tutti e lui ne occupava la metà. Che egoista. Cinque tonnellate di egoismo.  Forse anche cinque tonnellate e qualche chilogrammo. I chili in più tutti di stupidità.

Arci passò 57 minuti al sole. Le prime macchie si sbiadirono già dopo 30 minuti. Dopo 40 minuti sembrava un leopardo albino. Dopo 50 minuti il pelo iniziò ad arricciarsi. Gli ultimi 7 minuti qualcosa successe. Arci non sapeva bene cosa, forse si era addormentato nonostante fosse al sole.
Fatto sta che si svegliò all'ombra.
Però non era l'ombra dell'albero, no. Alla sua destra c'era un grosso masso che gli faceva ombra.
No anzi, che masso. Era l'enorme stupido panzone di quell'enorme stupido elefante che 57 minuti prima voleva cuocerlo al sole.

Arci pensò di spostarsi subito da quella posizione, magari la stupidità è pure contagiosa, vuoi vedere che quell'elefante lo avrebbe fatto diventare stupido!
Si alzò di scatto, fece qualche passo lontano dall'elefante e si accorse che l'altra parte del panzone di Lelè era in pieno sole.
Lelè s'era messo a dormire in modo tale da  fargli ombra col suo grande corpo, perché il sole era basso e l'albero non riparava più.

-Vabbè - pensò Arci- in ogni caso adesso non è che mi serva tutta quest'ombra, il sole sta tramontando, poteva pensarci prima, stupido elefante.
In ogni caso fece il giro dell'elefante, tornò all'ombra del panzone, si allungò al suo fianco e stiracchiò le zampe, poi si appisolò.

mercoledì 7 giugno 2023

Il leopardo e l'elefante. 7.

Arci e lo strano animale.

Arci arrivò ai grandi alberi con il pelo ancora bagnato dai tuffi nel fiume.
Il suo cuore batteva fortissimo perché, in preda allo spavento per aver visto l'animale dalla cacca leggera, aveva corso a perdifiato.
Però cercò di rimettersi a posto altrimenti Lelè svegliandosi avrebbe potuto intuire qualcosa.
Si sistemò un pochino lontano da Lelè, allungò le zampe e ci mise sopra il muso, poi chiuse gli occhi e fece finta di dormire.
Lelè invece non dormiva, gli elefanti dormono con un occhio chiuso e uno aperto e aveva visto tutto.
Lelè sbadigliò poi disse:
-Arci, perché hai il pelo bagnato?

Arci racconta dello strano animale.

Arci non rispose. Aveva sentito bene bene, non era sordo, ma sperava che Lelè cadesse nella trappola.
Lelè sbadigliò di nuovo, poi ripeté:
- Allora Arci, sto aspettando la risposta-
Questa volta Arci sentì appena appena una nota secca nella voce di Lelè e, siccome era un leopardo intelligente, pensò che gli conveniva rispondere.
Così iniziò da lontano, da molto lontano:
- Dunque Lelè, sai che 34 giorni fa la temperatura era di 43 gradi, poi 27 giorni fa si è alzata un poco, 43, 7 gradi, poi c'era quel grande cumulonembo nel cielo e le mangrovie fanno umido…-
Lelè intanto aspirò un sassolino con la proboscide.
Arci continuò:
- Poi di notte l'igrometro si è rotto e la pressione barometrica segnava pioggia e afa    …  AHIA!!.
Arci urlò di dolore.
Lelè gli aveva sparato contro il sedere il sassolino, usando la proboscide come un lanciarazzi.
Arci pensò che Lelè era davvero cafone e pure permaloso, gli disse:
- Ma certo che io sono proprio sfortunato!  Di tutti gli elefanti pazienti che esistono nel modo, in Africa, in India, nei circhi europei e negli zoo privati americani, a me ne doveva capitare uno impaziente! Che fretta c'è, sto raccontando.-
-Stai raccontando balle- disse Lelè.
Arci sottovoce disse:
-Spero che tu finisca imbalsamato in museo.-
 Lelè però non sentì, o fece finta di non sentire.
Però Arci accorciò parecchio il suo discorso:
- Avevo caldo e e …e…e…e ho deciso di fare un bagno nel fiume.-
Lelè lo guardò storto.
- Ecco, vedi Lelè, ho avuto paura perché ho visto un animale con le zampe rotonde, un unico grande occhio, e una cacca leggera e bianca che gli usciva continuamente dal sedere e saliva in cielo.-
Lelè si drizzò in piedi:
-Dove lo hai visto?-
- A a a a a al fiume.- Balbettò Arci.

Lo strano animale è una jeep.

Lelè lasciò i grandi alberi e iniziò ad incamminarsi verso il fiume.
Arci lo seguiva, siccome aveva paura di rivedere l'animale dalla cacca leggera camminava tra le zampe di Lelè.
-Ahi-, -Ohi-. Ogni tanto le zampe di Lelè in movimento gli pestavano la coda.
Arrivarono al fiume ma non c'era nulla.
Lelè osservò a terra e vide le orme.
Arci, che era intelligente, disse:
-Lelè, ma questo animale striscia, non stacca mai le zampe da terra?-
Infatti le impronte erano continue.
Lelè gli rispose:
-Arci, questo non è un animale, si chiama jeep e appartiene ad un animale chiamato uomo. Hai visto anche un uomo?-
Arci domandò:
- E come è fatto l'animalechiamatouomo?-
Lelè gli disse:
-Bè, questo significa che non lo hai visto, altrimenti lo avresti capito subito.-
Allungò lo sguardo oltre il fiume e disse:
-Presto ne vedrai uno.-

martedì 6 giugno 2023

Il leopardo e l'elefante.6

Dunque bambini,
Come si chiama il leopardo? … Arci! Bravi
E l'elefante?… Lelè! Bravissimi

Vedo che siete stati attenti.

Oggi racconteremo di un giorno in cui Arci incontrò uno strano stranissimo animale. Un animale che non aveva mai visto in vita sua.

Era una giornata come tutte le altre nella savana. Non è che nella savana ci sia granché da fare. I piccoli leopardi sonnecchiavano sdraiati all'ombra di Lelè, che essendo un elefante di ombra ne possiede parecchia.
Ogni tanto qualcuno diceva qualcosa:
- Che sete!-
oppure:
-Che caldo!-
Arci aggiungeva:
- Che noia!.
Arci si annoiava sempre. Ad un certo punto il sole era alto nel cielo, proprio sopra al centro e il caldo aveva sciolto pure qualche pietra. Siccome il caldo si misura in gradi centigradi lì c'erano 47° virgola settantacinque, che è un gran caldo davvero.
Più o meno i gradi della cioccolata quando la mangi e ti brucia la lingua.
Questo gran caldo bruciava le zampe dei leopardi, che essendo piccoli avevano la pelle sottile, quindi nessuno si voleva muovere per giocare con Arci.
- Dai, vieni a giocare con me - diceva Arci a Scossa, la sua amica.
- Non ci penso proprio, ho ancora le bolle sotto le zampe da ieri.-
- Uffa come sei noiosa, le femmine sono noiose, dai andiamo sino al fiume a fare i tuffi-
Al sentire queste parole Lelè uscì dal suo sonnellino e con la proboscide gli diede un colpo catapultandolo sette metri e quaranta centimetri più in là.
- Nessuno andrà al fiume senza il mio permesso- lo minacciò Lelè.
Arci si alzò e si scrollò la pelliccia:
- Guarda questa grandissima testa d'un elefante che mi obbliga ad annoiarmi qui. Che elefante noioso, che vita noiosa, che savana noiosa, che caldo noioso.-
E si sdraiò un pochino distante dagli altri perché era arrabbiato.
Il caldo diventò feroce, era così cattivo che sembrava morsicasse la pelliccia.
Arci non ne poteva più.
S'accorse ad un certo punto che i suoi amici e anche Lelè erano profondamente addormentati, così decise di andarsene al fiume da solo.
- Adesso vado al fiume e mi rinfresco, qui si crepa di caldo, mi si arriccia la pelliccia.-
E quatto quatto sgattaiolò via.

SPLASH

Appena arrivato al fiume Arci si tuffò:
- Ah come è bella la vita senza rompiscatole tra i piedi, che fresco - e nuotò avanti e indietro lungo il fiume. Ad un certo punto però si accorse che tra gli alberi c'erano strani rumori.
-Cos'è questo rumore di tuono? Eppure il cielo è limpido, ma sembra un temporale in arrivo!-
Siccome era solo e piccolo e il rumore continuava si impaurì.
Uscì dal fiume e si nascose nel cavo di un albero.
Infatti se sei un piccolo leopardo con una meravigliosa pelliccia è meglio che te la tieni stretta.
Quindi Arci fece questa volta qualcosa di intelligente.
Il rumore continuava e si avvicinava: Brrrrroooom brrrrooooom brrrroooom brrrrrrrrom brom brom pom pom broom.
Così passò vicino ad Arci uno stranissimo animale.

Lo strano animale.

Dunque questo animale era grande, grande più di Lelè.
Poi non aveva le zampe, no, aveva delle strane cose di una forma rotonda che giravano continuamente senza fermarsi mai.
Poi non aveva occhi come tutti gli animali che Arci conosceva, ma un unico grande occhio davanti tutto brillante. La sua schiena era tutta verde come quella della tartaruga però quadrata.
L'animale passò veloce: Brrrom brrroooooom broooom, sollevava molta polvere sulla strada, poi Arci vide che il suo sedere aveva una forma quadrata, con una coda fissa che non si muoveva come le code degli altri animali e da questa coda l'animale faceva continuamente la cacca.
Però non era una cacca come le altre, no.
Arci pensò:
-Che strano, le mie cacche sono marroni e cadono a terra, puzzano di cacca, invece questo strano animale fa una cacca leggera che sale in aria come la polvere e non puzza di cacca, puzza di di di di……. bò, non lo so di cosa puzza.

Così Arci aspettò che l'animale con la cacca leggera andasse via e tornò a nuotare.
- Cavolo- esclamò ad un certo punto Arci - devo tornare altrimenti Lelè si sveglia e sono guai.-
Corse al grande albero, Lelè dormiva ancora.

lunedì 5 giugno 2023

Il leopardo e l'elefante. 5.

Dunque Arci e Lelè vivevano nella savana sotto il grande albero.
Chi era il leopardo?  (aspettare la risposta)
Chi era l'elefante? (aspettare la risposta)
Un bel giorno Arci decise di accompagnare Lelè al fiume per prendere l'acqua.
 Tutte le mattine all'alba Lelè andava al fiume che era lontano 400 metri e ventisette centimetri, per percorrere questa strada impiegava esattamente ventisette minuti e 40 secondi.
Quella mattina Arci si svegliò prestissimo e iniziò a camminare con Lelè.
Dopo i primi quindici centimetri Arci si era già stufato, perché i leopardi corrono molto veloci mentre Lelè stava ancora sollevando la prima zampa.
Arci acchiappò Lelè per la proboscide e cercò di tirarlo:
- Muoviti pelandrone.
Lelè sollevò la seconda zampa.
Allora Arci passò dietro Lelè e lo spinse.
- Sposta questo culone! - esclamò.
Ma Lelè posò lentamente a terra la prima zampa che aveva sollevato.
Arci non ne poteva più, sarebbe arrivato prima a cavallo di una tartaruga.
Allora lasciò Lelè indietro e corse via, verso il fiume.

Ogni tanto si girava per assicurarsi che Lelè fosse dietro di lui, perché anche se era molto veloce era piccolo e i piccoli cuccioli sono molto buoni da masticare, teneri, deliziosi, e lui non aveva intenzione di essere la colazione di nessuno.
Infine Arci arrivò al fiume e si mise sulla riva ad aspettare Lelè.
Sentiva sul terreno rimbombare i passi dell'elefante che si avvicinava, perché gli elefanti sono molto grossi e quando poggiano le zampe a terra si sente un suono come un tuono che nasce sottoterra.
Mentre contava i passi dell'amico distante, uno boooom, due booooom , tre booooom, Arci vide qualcosa luccicare sotto l'acqua del fiume.
Allungò una zampa verso il pelo dell'acqua ma si bagnò tutta la pelliccia e la tirò fuori velocemente perché quello non era il giorno del bagnetto.
I leopardi, come i gatti, non si immergono volentieri nell'acqua.
Però quella cosa lì sott'acqua era troppo luccicante e Arci era curioso.
Alla fine decise di prenderla, si tuffò in acqua e acchiappò l'oggetto.

Quando lo portò fuori vide che era una strana cosa di uno strano materiale di uno strano colore e soprattutto non ne aveva mai vista una.
Insomma questa cosa era rotonda, ci sono tante cose rotonde ma nessuna come quella; poi era verde, e ci sono tante cose verdi ma nessuna come quella; poi ci si poteva vedere attraverso e tutto diventava verde, e Arci non conosceva nessuna cosa attraverso la quale si potesse guardare. Insomma, non è che uno piglia una foglia, se la mette davanti agli occhi e guarda il mondo diventare verde. Con una foglia davanti agli occhi ….non si vede nulla!!.
Quindi non era una foglia. Poi era dura, e le foglie non sono dure. Era proprio strana.
Arci continuava a girarla e rigirarla e si era dimenticato di ascoltare i passi di Lelè.

-Cos'è quello?
-AAAAAAHHHHHHHHH - urlò Arci. Era così concentrato che le parole di Lèlè lo avevano fatto trasalire di paura.
Arci disse:
- Bò, l'ho trovato nel fiume, vedi che sono tutto bagnato?
Lelè allora allungò la proboscide, prese un po' d'aria e asciugò la pelliccia di Arci come con un grande phon.
Poi acchiappò l'oggetto misterioso con la sua proboscide e se lo avvicinò ad un occhio.
- Cavolo che bello- disse Lelè - è tutto verde, Arci anche tu sei verde, sembri una lucertola con la pelliccia.
Arci non era molto contento di questa osservazione, va bene essere verde ma assomigliare ad una lucertola…
Lèlè allontanò l'oggetto dagli occhi e tutto diventò normale:
- Non funziona più.
Avvicinò l'oggetto agli occhi e tutto diventò verde:
- Funziona di nuovo!
Arci disse:
-Sì testone, colora le cose di verde solo se lo metti davanti agli occhi.
Lelè voleva essere sicuro e mise l'oggetto prima davanti all'orecchio:
- Così non funziona, vediamo…
Mise l'oggetto davanti alla bocca:
- Neanche così funziona…
Mise l'oggetto sotto la zampa e …
- Nooooooo FERMATI - urlò Arci.
Lelè stava per poggiarci sopra la sua grossa zampa ma Arci afferrò l'oggetto e se lo strinse al petto:
-Puoi romperlo, tonnellata di ciccia!.
Lelè disse:
-Vabbè, ormai sappiamo che colora le cose di verde solo quando lo tieni davanti agli occhi, sennò non funziona.
I due amici stettero tutta la mattina ad ammirare la strana cosa, ogni tanto la provavano e guardavano il mondo diventare verde.
Videro un leone verde, sembrava che avesse mangiato un'antilope avariata, videro un coccodrillo verde che gli mancava la maglietta sotto, videro un bufalo verde, un avvoltoio verde, un ragno verde, che già è brutto di suo immaginiamoci se poi è verde, insomma tutto diventava verde.

Arci e Lèlè tornarono col loro tesoro al grande albero e lo mostrarono a tutti  leopardi, lo provarono tutti ma nessuno sapeva cos'era.
Eppure era tanto semplice, ma solo a saperlo prima.
L'oggetto magico era una lente verde di un occhiale da sole perso da qualche turista laggiù nell'Africa profonda. Ma Arci e Lelè non potevano saperlo.

domenica 4 giugno 2023

Il leopardo e l'elefante. 4.

Dunque Arci e Lelè avevano fatto pace e tutto procedeva nel migliore dei modi.
I leopardi del branco andavano a caccia mentre i cuccioli come Arci e la sua amichetta Scossa restavano  nella radura sotto il grande albero con Lelè.

Un bel giorno Arci si svegliò prima del solito.
Tutti i cuccioli dormivano ancora, intorno l'erba era ricoperta da una nebbiolina sottile, la savana era silenziosa e ancora fresca dell'odore della notte.
Lelè, che era anziano e dormiva poco, era invece sveglio da molto tempo e guardava a est il sole che sorgeva. Il disco del sole non si vedeva ancora, ma la luce solare rischiarava il cielo dell'est promettendo una giornata entusiasmante.
Arci si avvicinò a Lelè e gli disse piano per non svegliare gli altri:
_Ciao Lelè.
- Ciao Arci, come mai sei già sveglio?
- Bò, non lo so. Però ora che sono sveglio posso vedere il sole che sorge. Tu guardi il sole tutte le mattine?
- No - rispose Lelè - ho visto il sole tutti i giorni della mia vita, ora la mattina guardo un'altra cosa.
Arci chiese:
- Cosa guardi a est? Lì c'è solo il sole e l'erba, l'erba e il sole, il sole e l'erba, l'erba e il sole…
Lelè rimase un attimo zitto poi rispose:
- No, ad est c'è anche una cosa molto importante per noi elefanti, e io guardo in quella direzione tutte le mattine perché sono vecchio.
Arci non capiva, ma Lelè, vedendo il suo sguardo perplesso, spiegò:
- Giù ad est c'è un posto  sacro per noi elefanti, il posto in cui tutti gli elefanti, quando sentono avvicinarsi il momento di morire, vanno. Quello è il cimitero degli elefanti e lì io andrò quando sentirò avvicinarsi il momento per me di morire.

Arci urlò:
-Ma sei matto? Come ti permetti di morire? e io? Chi mi porterà l'acqua della doccia? Chi farà da baby sitter? Sei proprio egoista.
Lelè lo guardò con un sorriso strano, poi rispose:
-Lì voglio andare, dove sono andati tutti gli elefanti che mi hanno preceduto.
Arci rispose:
-Vabbè, se proprio vuoi morire scusa perché non muori qua! Ma chi te lo fa fare di camminare così tanto se poi dovrai restare fermo per l'eternità. Fermati già ora e ti risparmi la fatica.
Ma Lelè ora non sorrideva più e guardava pensieroso ad est.
Poi sussurrò a se stesso:
- Lì voglio andare.

sabato 3 giugno 2023

Il leopardo e dell'elefante. 3.

Dunque,
come sappiamo Lelè era molto arrabbiato con Arci perchè Arci non gli aveva ancora chiesto scusa per essersi allontanato.
Com'è un elefante arrabbiato? Bè, è come tutti gli altri elefanti, cioè grande grande, grosso grosso, con due grandi orecchie e una lunga proboscide. Però ha una particolarità: sta sempre girato di spalle e non vuole più guardare chi lo ha offeso.
Perciò immaginate un po': del suo amico, Arci ormai vedeva solo il sedere.

Quando arrivava Arci, Lelè si girava per non incontrare il suo sguardo. Non è molto bello non poter neanche parlare. Ormai Arci non riusciva a chiedere scusa, mica poteva chiedere scusa ad un sedere!!
Così, dopo tanti giorni passati ad osservare il posteriore di Lelè, Arci decise che doveva inventare qualcosa per fare la pace.

Iniziò anzitutto a svegliarsi subito con tutti gli altri, poi si lavava per bene sotto la proboscide-doccia di Lelè, poi raccoglieva le foglie con tutti gli altri e soprattutto non si allontanava dal gruppo.
Lelè di questo era in fondo contento, ma aspettava sempre che Arci gli chiedesse scusa.
Arci questa parola proprio non riusciva a dirla, soprattutto non riusciva a dirla ad un sedere. Insomma era una sofferenza.
Così Arci elaborò un piano per fare la pace con l'elefante.

Arci sapeva che agli elefanti piace molto farsi ripulire la pelle, hanno davvero tanta pelle che copre tutta la schiena, tutte quelle grandi zampe, tutta quell'enorme pancia, ci vogliono almeno sette od otto ore per strofinare tutto per bene, e Lelè non arrivava dappertutto con la proboscide.
Vedere l'elefante lavarsi era divertente, si contorceva tutto ma non arrivava dappertutto.
A volte sfuggiva la coda, a volte rimaneva del fango incrostrato sotto la pancia, altre volte restavano sulla schiena delle cacche d'uccello che per caso erano atterrate proprio lì. E poi, come poteva lavarsi la proboscide? Ci sarebbe voluta una seconda proboscide per lavare la prima.
Eh... per gli elefanti è un bel problema.

Così Arci decise che per farsi perdonare avrebbe costruito un oggetto che avrebbe permesso a Lèlè di lavarsi tutto dalla punta della proboscide alla punta dei piedi.
Arci convocò tutti gli altri leopardi:
-Sentite, siccome Lèlè è molto arrabbiato con me, dovete aiutarmi a farmi perdonare.
Scossa, la leopardina più piccola del branco rispose:
-Senti Arci, se Lèlè è arrabbiato la colpa è solo tua, e se vuoi il nostro aiuto devi chiederlo in un altro modo.
Detto questo la leopardina se ne andò a farsi gli affari suoi. Tutti gli altri la seguirono, perché non avevano apprezzato il tono di voce di Arci.

Arci rimase solo, chiedendosi dove aveva sbagliato.
Pensò intensamente per 5 ore e ventisette minuti. Poi si sentì stanco e si addormentò.
Ad un certo punto sentì Scossa che diceva:
- Arci, per favore spostati, devo raccogliere le foglie perché le formiche ci stanno già costruendo il nido.
Arci riemerse dal sonno, folgorato da quelle parole: PER FAVORE.
Così si stropicciò gli occhi e chiamò di nuovo i cuccioli di leopardo, e questa volta disse così:
-Amici, a causa della mia fuga Lelè è molto arrabbiato con me, e da nove giorni vedo solo il suo sedere.
Quando fa le puzzette poi non riesco neppure a respirare. Vi chiedo PER FAVORE di aiutarmi a farmi perdonare. Voglio costruire una cosa che aiuti Lèlè a lavarsi tutto per bene senza fatica. Ma non so che cosa.

Tutti i leopardi trovarono l'idea favolosa e utilissima e ciascuno si mise a pensare a questa cosa.
Ora, per noi è molto facile pensare a questa cosa, basta immaginare una spugna o una spazzola, ma non è affatto facile per i leopardi.
I leopardi non sanno cos'è una spugna, non sanno cos'è una spazzola, come  possono pensare di costruirne una?

Scossa disse:
- Ho un'idea: facciamo un pacchetto di foglie avvolte con le liane.
Era proprio una specie di spugna.
Così la costruirono. Presero tante foglie, le appallottolarono, le strinsero con le liane e provarono a lavarsi. Arci si bagnò e i leopardi lo strofinarono con la palla di foglie, ma le foglie si ruppero tutte e si sbriciolarono e Arci sembrava un cespuglio bagnato.

Un leopardo disse:
-Ho un'idea migliore, prendiamo un rametto, lo bagniamo, lo strofiniamo sulla pelle e vediamo se funziona.
Arci di nuovo provò quest'oggetto, ma quando i leopardi gli strofinarono il ramo sulla schiena tutti i peli della pelliccia si attaccarono al ramo facendogli una specie di ceretta e Arci diventò un leopardo a macchie spelate.
Così provarono con un sasso, poi provarono con la lisca di un pesce, poi provarono col guscio di una tartaruga morta, poi provarono con un riccio vivo.
Il sasso non lavava per niente bene, la lisca staccava le incrostazioni di fango ma pungeva, il guscio della tartaruga scivolava via sulla pelle, il riccio pungeva troppo e poi essendo vivo non era per niente d'accordo.
Alla fine Arci prese una foglia di cactus e provò con quella. Si punse tutto cercando di strofinarla sulla pelle. Allora la lanciò via.
Scossa, che aveva osservato tutto, raccolse il cactus, levò tutte le spine e provò ancora.

Cavolo, funzionava benissimo. La foglia di cactus SENZA SPINE lavava davvero bene.
Arci prese un bastone, ci fissò la foglia di cactus senza spine e andò da Lèlè.
Lelè era girato, perché quando vedeva Arci arrivare si girava e gli mostrava il sedere.
Arci si avvicinò a Lèlè, gli spruzzò un po' d'acqua sul sedere e iniziò a strofinare col cactus una grossa patacca di fango proprio sulla coda. La coda di Lèlè diventò bella pulita, lunga e sottile, mentre prima pesava diciotto chili, otto di coda e dieci di fango.
Lèlè sentì questa bella sensazione di coda leggera, iniziò a muoverla di qua e di là per la contentezza.
Poi si girò e vide Arci tutto sporco del fango caduto dalla sua coda.
Lèlè si mise a ridere.
Arci disse:
-Allora siamo di nuovo amici?
Lèlè disse:
-Noi siamo sempre stati amici.

Da quel giorno Arci preparava una cacugna (cactus + spugna) ogni mattina per Lèlè.
Infatti la cacugna durava solo per un lavaggio, poi la foglia si rovinava. Però Lèlè poteva lavarsi per bene, col bastone riusciva ad arrivare anche alle cacche d'uccello che gli cadevano sulla schiena, e non doveva più piegarsi per lavarsi la pancia.
Però ricordati che la cacugna va bene solo per gli elefanti, e che non si vende al supermercato.

venerdì 2 giugno 2023

Il leopardo e dell'elefante. 2.

Dunque,
come sai bene Arci è un cucciolo di...
Leopardo. Bravo!
Invece Lelè è un ......elefante!
E Pipistrillo?
Pipistrillo è un pipistrello, ma non sappiamo bene cosa fa.
Allora raccontiamo questa storia.

Arci è un piccolo leopardo, vive nella savana, in Africa, con tutta la tribù dei leopardi.
Lelè è un vecchio elefante che ha deciso di stare con i leopardi al fresco di grandi alberi, perchè è troppo vecchio per camminare chilometri e chilometri con il suo branco.
I leopardi sono suoi amici, lo accettano volentieri, e Lelè in cambio fa da baby sitter ai cuccioli quando gli adulti vanno a caccia.
Certo i cuccioli di leopardo sono birichini, non stanno fermi, saltano, scappano, si nascondono, litigano; ma Lelè è così grosso che con la sua lunga proboscide li acchiappa al volo e li rimette seduti in un batter d'occhio.

Un bel giorno, mentre i leopardi giocavano tutti insieme all'ombra degli alberi, Arci si avvicinò a Lelè che li osservava sonnecchiando e disse:
- Lelè, io mi annoio.
Lelè, che era vecchio e certo non aveva voglia di movimento, rispose:
- Arci, cerca un'occupazione.
- Ma qui non c'è nulla da fare.
Lelè lo guardò storto, perché nella savana ci sono davvero tante cose da fare per chi ha voglia di farle.
Arci però alzò la voce:
- Hai sentito? Ho detto che mi annoio!

Lelè sbuffò con la sua lunga proboscide e, vedendo un un mucchio di foglie da raccogliere poco lontano, propose ad Arci:
- Senti Arci, laggiù sono cadute troppe foglie, bisogna raccoglierle e portarle via, altrimenti le formiche ci faranno il nido. Dal momento che ti annoi, quello è il compito fatto apposta per te!

Arci diventò tutto rosso sul muso e i baffi gli si attorcigliarono come se fossero elettrizzati, poi urlò:
- Ma perchè tra tutti gli animali proprio tu dovevi capitarci come baby sitter? Non poteva capitarci che so un leone, una scimmia, pure un serpente sarebbe stato preferibile a te! E poi sei così vecchio che a quest'ora dovresti essere già morto!

Lelè, come tutti gli elefanti, era tanto grande quanto saggio.
Guardò Arci tranquillamente e, mentre il piccolo leopardo sbuffava e agitava nervosamente la coda, si sdraiò sulla pancia, si sventolò con le orecchie per avere un po' di fresco poi raccomandò:
-Arci, non dimenticare le foglie. - e si addormentò.

Arci rimase di sasso, allora quel testone di elefante non aveva capito nulla. Prima cosa, non avrebbe raccolto le foglie, perchè lui si annoiava, e anche raccogliere le foglie era noioso, quindi non poteva essere la soluzione giusta.
Seconda cosa, avrebbe trovato lui il modo di divertirsi.
Così Arci decise di allontanarsi dai grandi alberi.

Silenziosamente come un gatto (infatti è un leopardo) si incamminò verso le rocce di lava.
Le rocce di lava erano simili a montagne, piene di burroni, di parti appuntite e taglienti, con grotte cunicoli e labirinti in cui già due o tre volte erano spariti alcuni leopardi e non erano mai più tornati. Era un posto molto pericoloso e i cuccioli non potevano avvicinarsi.

Un piccolo leopardo femmina lo vide allontanarsi.
Era, questa leopardina, la migliore amica di Arci.
Aveva il pelo lunghissimo, sempre spettinato da tanto era lungo, sembrava fosse elettrizzato; per questo quando era nata i suoi genitori l'avevano chiamata Scossa: il pelo sembrava sempre scosso dal vento.

Scossa raggiunse di corsa Arci, riprese fiato prima di chiedergli:
-Arci, dove vai? Lelè sta dormendo e sai che non possiamo allontanarci senza di lui.
-Scossa, fatti un po' gli affari tuoi! - rispose Arci in malo modo.

Ma per un attimo Arci tentennò, forse non era una buona idea, proprio per niente.
Gli sembrava però che ormai dovesse andare, perché avrebbe fatto una brutta figura a rimanere.
Così, nonostante dentro di sé non fosse molto convinto, si allontanò.

Scossa rimase ai grandi alberi mugolando, sperava che Arci tornasse prima del risveglio di Lelè.

Arci si incamminò, le rocce di lava non erano lontane. Man mano che si addentrava tra le rocce capiva che forse la sua era stata una decisione pessima, pochi passi e aveva già tutte le zampe tagliuzzate dalle rocce affilate. C'erano inoltre tantissime zanzare, che lo pungevano in continuazione, anche un esercito di formiche, che gli mordevano le ferite sulle zampe.
Di bello non c'era niente. Nessuna pianta, nessun albero, nessun animale tranne quelli che pungono e succhiano, scorpioni, ragni, ancora formiche, ah come avrebbe preferito essere ai grandi alberi ad annoiarsi.
Si accorse di aver sbagliato, ne aveva abbastanza, voleva solo tornare indietro e farsi lavare da Lelè le zampe con un po' di acqua fresca spruzzata dalla sua proboscide.
Forse Lelè non si sarebbe accorto di nulla, poteva raccontare di essere caduto su un cactus.
Cercò la via del ritorno.
-Ecco, ora giro qui e torno a casa.
Girò, ma vide solo rocce.
-No, forse devo girare là.
Girò, ancora rocce.
-Ho capito, devo saltare lì sopra e andare dritto.
Ancora rocce, rocce, rocce.

Arci cercò la strada di casa per più di tre ore. Ormai Lelè doveva essersi svegliato, chissà come si sarebbe arrabbiato non trovandolo ai grandi alberi.
Arci pensava, anzi era assolutamente sicuro di essere un leopardo coraggioso, però si mise a piangere.
Tentò ancora, poi ancora, poi ancora di trovare la strada di casa, ma non la trovò.
Pianse di nuovo. Ormai era buio, i leopardi dovevano essere tornati dalla caccia, chissà sua mamma, che preoccupazione, e suo padre poi.
Pianse e ululò, poi ululò e pianse, poi pianse e ululò...
-E che palle, smettila! - una voce stridula e acuta risuonò tra le rocce - Oh ma la vuoi smettere? Qui la notte si dorme, mica siamo tutti leopardi che passano il tempo ad ululare alla luna!
Arci con un filo di voce rispose:
- Ma io non ululo alla luna, piango!
-Ah piangi! Secondo te piangi. INVECE DISTURBI, ecco cosa fai, c'è una bella differenza - replicò la vocetta.
Arci era sorpreso. Innanzitutto sentiva solo la voce, ma non vedeva nessuno, perchè era buio pesto.
Poi non era abituato a sentirsi maltrattare così.
Rispose: -Bè, non so che animale tu sia, però a giudicare dalla tua voce devi essere minuscolo come i cani da borsetta. Quindi stai attento perché quando ti mangerò ti masticherò bene bene per farti soffrire.
-Ahahahah hihihihii ohohoho - in risposta ebbe solo una stridula risata.
Arci capì che quel minuscolo animale stava ridendo sino alle lacrime.
Poi l'animale gli disse:
- Senti un po', ma chi ti ha mandato qui a svegliarmi?
- Non mi ha mandato nessuno, sono venuto da solo - rispose Arci.
- E perchè sei venuto quaggiù? solo per svegliarmi?
Arci si spazientì.
- Ma se non sapevo nemmeno che tu, chiunque tu sia, vivessi qui! Volevo solo esplorare, ecco! perchè mi annoiavo.
L'animale rispose: - Esplorare? che strano.
- Cosa ci trovi di strano? Io sono coraggioso, sono un leopardo ed esploro quanto mi pare.
L'animale rispose: - Oh, va bene. Senti, adesso potresti gentilmente esplorare la strada che ti riporta a casa tua, perchè io ho sonno e tu mi disturbi.

A sentire la parola "casa" Arci si intristì, si accucciò sotto una roccia meno tagliente delle altre e iniziò a piangere e ululare, a ululare e piangere, a piangere e ululare...
Poi sentì un frullio d'ali vicino, un rumore strano, come una carezza di vento, non aveva mai sentito quel suono in vita sua. Il suono sparì all'improvviso e una voce sottile e comprensiva disse:
-Dai non piangere, io posso aiutarti, cosa non va?
Arci rispose tra i singhiozzi: -Mi sono perso, non so tornare a casa, è buio, mamma e papà saranno disperati e Lelè sarà furibondo con me.
-Lelè?- chiese la voce - Chi è Lelè?

Arci pianse ancora di più, piangeva e ululava, ululava e piangeva.
La vocina sottile disse: - Io posso riportarti a casa, se mi dici dove abiti.
- Abito sotto i grandi alberi, nella savana, ma nemmeno tu li troverai.
- Bè, io so volare, e dall'alto vedo tutto, so dove sono i grandi alberi, ci vivono i giaguari e un vecchio elefante mio amico.
- Cosa? Lelè è tuo amico?- si sorprese Arci.
Arci strinse gli occhi, cercò di vedere a quale specie di animale appartenesse la vocina sottile che gli parlava dal buio, ma non vedeva nulla. Così si addormentò.

La vocina sottile gli rimase accanto tutta la notte,  se Arci si agitava la vocina sottila lo tranquillizzava e ripeteva:
-Io ti riporterò a casa, adesso dormi.
La mattina dopo Arci aprì gli occhi, intorno non c'era nessuno. Poi sentì:
- Bè, non ti sembra ora di alzarsi? Hai perso già troppo tempo, forza!
Arci guardò, ma non c'era nessuno. Poi vide una foglia di cactus che si muoveva in alto sulla roccia. Un cactus che cammina!
Arci guardò meglio e vide sotto la foglia un PIPISTRELLO.

Era un piccolo pipistrello nero, che lo guardava con i suoi occhietti curiosi.
Bà, quel topo volante gli aveva fatto da guardia durante la notte?
Arci, sicuro alla luce del giorno, lo sbeffeggiò:
-Stai pure, microbo, torno da solo.
Ma non sapeva in verità da che parte andare.
Abbassò le orecchie e la coda, guardò il pipistrello sotto il cactus e gli disse:
-Se proprio ci tieni mi puoi accompagnare, pipistrello.
Il pipistrello ebbe lì per lì voglia di mandarlo a quel paese, ma era un pipistrello comprensivo, aveva vissuto tanto e conosceva le cose della vita, soprattutto le cose dei giovani, perchè non si era dimenticato di essere stato un pipistrello maleducato anche lui  (ma tanto tempo prima) così non diede peso alle provocazioni di Arci e si incamminò sotto la foglia di cactus.

Arci chiese:
-Come ti chiami?
-Pipistrillo.
- Pipistrillo? Perché? - chiese Arci.
-Perchè quando volo faccio tanti strilli.
Arci stupito gli chiese:
- Ma perché adesso non voli?
- Senti leopardo, io sono un pipistrello, e di giorno dormo, e questo sole infuocato mi arrostisce tutto, devo stare all'ombra, quindi prova tu a volare con una foglia di cactus attaccata al culo! - rispose seccato il pipistrello.
Arci rimase zitto, voleva tornare ai grandi alberi.

Dopo sette ore di cammino, e sì, sette ore, perchè i pipistrelli con una foglia di cactus sul culo camminano lenti, arrivarono ai grandi alberi.
I leopardi erano tutti vicini, ad aspettare qualcosa, mentre Lelè con la proboscide  disegnava cerchi sulla sabbia.
Quando si accorsero del suo ritorno tutti i leopardi in un attimo gli furono vicino, iniziarono a fargli le fusa, a salutarlo con grandi leccate, a chiedergli dove era stato e cosa aveva visto e cosa era successo e dove aveva passato la notte...

Arci, al vedersi al centro dell'attenzione, con tutti quelli leopardi che aspettavano il suo racconto, si sentì all'improvviso fiero e coraggioso.
- Bè ieri, dal momento che m'annoiavo e qui non si può fare mai niente di bello,  ho pensato che, essendo ormai grande e forte…-  poi Arci non continuò più.
Aveva appena visto Lelè, poco distante, che lo guardava silenzioso.
Balbettò: - Scusate sapete... non è stata colpa mia... però insomma - alzò un pochino la voce per farsi sentire da Lelè -  non vedevo bene ho sentito male ad un orecchio e anche la coda era strana poi pioveva ho perso una scarpa (SCARPA, QUALE SCARPA?) e e e ….- Arci non sapeva più come continuare.

Arci pensò che se avesse trovato una buona scusa avrebbe potuto cavarsela, non era successo niente di grave, ma lo sguardo di Lelè lo metteva a disagio, non aveva più parole sulla lingua, non sapeva più parlare.
- Lèlè non si è avvicinato, Lèlè non ha fatto festa - queste sole parole vorticavano nella testa di Arci.

Lelè lo fissò un'ultima volta, poi lentamente, perchè era vecchio, si girò e se ne andò.
Arci all'improvviso sentì dentro di sé una strana sensazione, come se volesse piangere, avrebbe voluto chiamarlo : -"Lelè Lelè" - ma non lo fece.
 E Lelè se ne andò.
Il pipistrello, che è un animale molto sveglio, aveva visto tutto e capito ancora di più, diede un calcio (bè un calcio piccolo piccolo) ad Arci e gli disse:-  Scemo! chiedigli scusa!
Arci provò a dirlo, ma poi qualcosa lo trattenne, la voce non usciva, e rimase lì triste.

giovedì 1 giugno 2023

Il leopardo Arci e l'elefante Lelè. 1

Nella savana africana vivevano un leopardo piccolo piccolo e un elefante grosso grosso e vecchio vecchio.
 Il leopardo, come tutti i leopardi, aveva la pelliccia con tantissime macchie che a contarle tutte ci vorrebbero sette giorni e sette notti.
 L'elefante, che era molto vecchio, aveva, come tutti gli elefanti, due grandi orecchie, una lunga proboscide e due zanne luccicanti.

Il leopardo viveva in un villaggio di leopardi, aveva una mamma leopardo, un babbo leopardo, zii e zie leopardo, e tanti cugini tutti leopardo.
Insomma era una famiglia di leopardi.
Tutti questi leopardi vivevano in una radura all'ombra di grandi alberi, perché in Africa c'è davvero tanto caldo e se i leopardi stanno sotto il sole si sbiadiscono le macchie e diventano leoni.
Ma, siccome un leopardo è affezionato alle sue macchie, di giorno quando c'è caldo sta all'ombra.

Però in quel pezzo di savana non è che ci fossero tanti alberi, così assieme ai leopardi viveva all'ombra anche un vecchio elefante troppo stanco per seguire il suo branco. Leopardi ed elefante si sdraiavano insieme al fresco e in cambio dell'ospitalità l'elefante faceva da baby sitter ai cuccioli.

Ora immagina di avere come baby sitter un elefante. Cavolo, era fortissimo! Tutti i cuccioli stavano buoni buoni, perché non si scherza con gli elefanti. Però si divertivano tanto, perchè non capita tutti i giorni di avere un baby sitter che si trasforma in scivolo, in altalena e in doccia.
Insomma vivevano tutti insieme ed erano molto felici.
La sera, mentri i leopardi adulti dormivano, perché erano andati a caccia ed erano molto stanchi, i piccoli del villaggio si sdraiavano vicino a Lelè ( l'elefante si chiamava così) ed ascoltavano le sue storie.

Lelè di storie da raccontare ne aveva tantissime, perché era un elefante vecchio, ma vecchio, ma così vecchio che non si ricordava neanche più quando era nato.
 Le sue storie erano bellissime, erano avventure fantastiche nella foresta africana; a volte paurose, perché Lelè aveva incontrato tutti gli animali più feroci che siano mai esistiti, ma anche storie d'amore per le leopardine, perchè Lelè aveva avuto un bel po' di fidanzate.
A dire la verità quando Lelè raccontava le sue storie d'amore tutti i leopardi protestavano, volevano sentire solo lotte, inseguimenti, scoperte e disavventure.
Ma le femminucce erano molto intenerite, e sognavano di trovare un fidanzato gentile come Lelè.
Lelè raccontava sino a notte tardi, perchè i vecchi non hanno molta voglia di dormire, e se si addormertano poi si svegliano subito, raccontava sinchè i cuccioli si addormentavano, poi dormiva pure lui, ma poco però.

Così la mattina dopo Lelè era sempre il primo ad alzarsi, andava al fiume, prendeva una grandissimo sorso d'acqua con la sua proboscide, poi tornava al villaggio e versava l'acqua nel tronco cavo di un albero perché tutti potessero bere.
I piccoli leopardi invece, essendo cuccioli, dormivano molto, e dormivano sino a tardi perché la notte erano stati svegli ad ascoltare le storie.
Però in un villaggio tutti devono fare qualcosa, altrimenti cavolo il villaggio non funziona. Lelè aveva già portato l'acqua, gli adulti dovevano uscire per la caccia, e i cuccioli dovevano raccogliere tutte le foglie che erano cadute a terra durante la notte.

Questa raccolta delle foglie era proprio necessaria, perché altrimenti sotto le foglie si annidano le formiche e chi può più vivere in villaggio infestato da formiche?
Lelè iniziava il suo lavoro da baby sitter, svegliava tutti i piccoli leopardi, dava loro l'acqua per rinfrescarli, poi con la proboscide organizzava una bella lavatina per tutti. L'acqua scorreva dalla proboscide di Lelè proprio come dalla doccia, tutti i leopardi si ripulivano, e poi iniziavano il loro lavoro.

C'era tra tutti un piccolo leopardo, che si chiamava Arci, che era un po' birichino.
Un giorno, mentre tutti iniziavano a raccogliere le foglie, Arci si nascose per non lavorare. Salì sulla cima dell'albero più alto per osservare il panorama e contare gli uccelli nel cielo.
Lelè contò i leopardi al lavoro, dovevano essere dieci, invece erano uno, due, tre, il quarto è laggiù, cinque, sei , sette, l'ottavo sta portando via le foglie, nove, nove nove...
Insomma il decimo leopardo non c'è.
Lelè guarda in su e vede Arci sull'albero.
- Arci, scendi,  vieni a lavorare.
- Non posso.
- Perchè non puoi fare la tua parte di lavoro?
- Non posso e basta - risposte secco Arci.
- Arci, scendi e lavora con noi - ripeté l'elefante.
- Ma non posso.
- Perché non puoi, stai male?
- Sto benissimo, grazie, ma devo contare tutti gli uccelli in cielo.

Lelè sbuffò, poi raccolse tanta aria con la sua proboscide, soffiò fortissimo verso Arci e lo fece cadere giù dal ramo. Arci rotolò a terra, non era molto in alto e i leopardi come i gatti quando cadono non si fanno male, si rialzò e guardò offeso Lelè.
Lelè disse:
- PRIMA raccogli le foglie, POI conti gli uccelli.

Arci raccolse le foglie, brontolando tra sé e sé:
- Vecchio rompiballe d'un elefante, ma perché tra tutti gli animali della foresta proprio un elefante incartapecorito mi doveva capitare come baby sitter?

Lelè, che era un elefante e quindi aveva le orecchie grandi come l'antenna parabolica, lo sentì però molto bene; si sdraiò pigramente all'ombra dell'albero, chiuse gli occhi dietro le lunghe ciglia, mangiò una foglia che gli faceva solletico alla proboscide infine rispose con molta calma:
- Bè Arci, mangerai solo dopo aver raccolto tutte le foglie che per causa tua sono cadute giù dal ramo su cui ti sei arrampicato.

Erano talmente tante che figurati un po' all'ora della merenda Arci non aveva ancora pranzato.
Quando si avvicinò il buio Lelè decise di aiutarlo, velocemente aspirò le foglie restanti con la sua proboscide e Arci poté finalmente mangiare.

Lelè invece non mangiò, perché essendo così vecchio digeriva male la sera e poi faceva gli incubi e sognava uomini col fucile, che è l'incubo peggiore di un elefante.
Così alla fine gli adulti dormirono e Lelè si mise seduto con i dieci piccoli leopardi intorno a raccontare le storie della sua lunga vita.

Frizz Pazz e il Caccalix.

Dunque, sappiamo bene che Frizz è …( il bambino, giusto! ), quindi Pazz sarà per forza il cane. Frizz e Pazz sono sempre amici per la pell...