venerdì 9 giugno 2023

Il leopardo e l'elefante.9

All'ombra dei grandi alberi tutto andava avanti come sempre.
Anzi, a dire la verità, non c'era nulla che andasse avanti.
Sembrava che tutto fosse immobile, niente si muoveva, il cielo non cambiava mai colore, l'afa rendeva l'aria irrespirabile, non c'era spazio per pensare a null'altro che non fosse il caldo, caldo, caldo, tutto era caldo, l'unica presenza viva in quella savana spopolata e silenziosa era il caldo.
In quel caldo feroce i piccoli leopardi non avevano voglia di muoversi né di giocare, stavano sempre spaparanzati all'ombra a sonnecchiare, solo la noia faceva compagnia alle loro giornate.
Oltretutto Lelè non voleva sprecare saliva a raccontare storie.

In una di quelle ore tutte uguali di quei giorni tutti uguali di quel caldo tutto uguale si sentì un rombo.
I leopardi si raddrizzarono e annusarono l'aria, Lelè sollevò le orecchie, stettero tutti fermi ad ascoltare quello strano suono.
Era lo stesso rombo  dell'animale dalla cacca leggera che alcuni giorni prima Arci aveva visto al fiume.
Lelè disse: - Da qualche parte ci sono gli uomini.

I leopardi guardarono Lelè. Di solito il grasso elefante era sempre tranquillo, parlava ciondolando il testone e facendo ghirigori con la proboscide, ma oggi aveva parlato con gli occhi fissi in lontananza, la proboscide immobile e le orecchie aperte come due grandi ventagli.

Arci, al vedere l'inconsueto atteggiamento del suo grande amico, si preoccupò e nella speranza di ottenere un "NO" come risposta chiese:
- Lelè perché parli con questa voce? Hai paura?
Lelè si riprese e osservò Arci come se fosse un leopardo comparso all'improvviso dal cilindro di un mago.
- No Arci. Non ho paura.
- E allora perché hai questa voce? - adesso Arci era scocciato per la paura che l'elefante gli aveva fatto prendere.
- Perché è bene che io abbia paura.
- Ma hai paura o non hai paura? - Arci aveva perso la baldanza e non capiva più se era il caso o no di preoccuparsi.
- Non ho paura ma mi comporterò come se avessi paura.- disse con tono sibillino Lelè.
Arci sbuffò: - Non so se sei rompiballe o vigliacco.

Lelè neanche lo sentì. Si alzò sulle sue poderose zampe e barrì.
Generalmente Lelè non si impegnava più di tanto a produrre il suo tipico suono, troppo faticoso, aspirare tutta quell'aria, tra l'altro calda, e buttarla fuori con forza.
Ma questa volta barrì. Un lungo suono cupo e minaccioso.
Ai leopardi si accapponò la pelliccia.

- Io mi allontanerò. Per due giorni. Voi starete all'ombra dei grandi alberi e non muoverete un passo al di là della sua ombra. Non lo ripeto - disse serio Lelè.
- Mah però se io voglio dopo…- iniziò Arci.
- NON LO RIPETO - con questo Lelè chiuse la discussione.

Lelè si girò e lentamente si allontanò dal grande albero.
Il sole gli batteva sulla groppa, il fango secco che gli ricopriva la pelle si aprì in crepe profonde e iniziò a cadere a terra in frammenti di puzzle, segnando il suo cammino.

I leopardi tennero lo sguardo fisso sulla sua sagoma mentre diventava sempre più piccolo, sempre più lontano. Non sapevano perché stesse andando via, qualcuno si mise a piangere, l'elefante oscillava nei loro occhi confusi dalle lacrime.
Alla fine sembrava un miraggio sorto dal nulla nella savana crepitante di caldo.

Arci si sedette sbadatamente fuori dall'ombra, si bruciò il sedere e saltò su: - Sasso!
Era l'unica semi-parolaccia che gli era consentita.

Poi si mise a riflettere


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